1Premessa
2Organizzazione degli uffici e Piano del Fabbisogno
3Reclutamento del personale
4Codice di comportamento
5Il licenziamento disciplinare

Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Il codice contiene, inoltre, una sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l’immagine della Pubblica Amministrazione.

Il codice è consegnato al dipendente, che lo sottoscrive all’atto dell’assunzione. La violazione di esso è fonte di responsabilità disciplinare ed è rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.

La violazioni gravi e reiterate comportano il licenziamento disciplinare.

Sull’applicazione dei codici vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli Uffici di Disciplina. Le PA verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi. Le PA devono prevedere un ciclo formativo obbligatorio sia a seguito di assunzione , sia in caso di passaggio a ruoli o mansioni superiori, nonché di trasferimento del personale, la cui durata ed intensità sono proporzionate al grado di responsabilità sui temi dell’etica pubblica e del comportamento etico.

Sul sito istituzionale dell’ente viene pubblicato il codice disciplinare recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni. La pubblicazione equivale di fatto alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.

Per infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione della sanzione del rimprovero verbale, il procedimento disciplinare è di competenza del responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, e per tali infrazioni si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.

Ciascuna amministrazione individua l’ufficio per i procedimenti disciplinari competente per le infrazioni punibili con sanzione superiore al rimprovero verbale e ne attribuisce titolarità e responsabilità.

Per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale, il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, segnala immediatamente e comunque entro dieci giorni, all’UPD i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza. L’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, con immediatezza e non oltre trenta giorni decorrenti dalla segnalazione, provvede alla contestazione scritta dell’addebito e convoca l’interessato con un preavviso di venti giorni, per l’audizione in contraddittorio a sua difesa. Il dipendente, in questa sede, può farsi assistere da un procuratore, ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Il dipendente, ovviamente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento (esclusi i dati provenienti dal whistleblowing). L’UpD conclude il procedimento con archiviazione o con irrogazione della sanzione entro 120 giorni dalla contestazione dell’addebito.

Gli atti di avvio e conclusione del procedimento disciplinare, nonché l’eventuale sospensione cautelare del dipendente, sono comunicati per via telematica all’ispettorato per la funzione pubblica entro venti giorni dalla loro adozione. Il nominativo del dipendente è comunque pseudonimizzato.

La comunicazione di contestazione dell’addebito al dipendente è effettuata tramite PEC o tramite consegna a mano o tramite raccomandata AR.

Qualora il dirigente o il dipendente, appartenente alla stessa o diversa amministrazione pubblica dell’incolpato che, anche se a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, si rifiuti di collaborare – senza giustificato motivo – di collaborare con l’UPD procedente, o effettua dichiarazioni false o reticenti è soggetto all’applicazione di sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni.

Il procedimento che abbia ad oggetto in tutto o in parte fatti in relazione ai quali procede l’A.G. è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione del servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, l’UPD – nei casi di particolare complessità dell’accertamento dei fatti relativi all’addebito o quando l’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il provvedimento disciplinare fino al termine di quello penale. Il Procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi idonei a concluderlo.

Qualora il procedimento disciplinare non sospeso si concluda con l’irrogazione di una sanzione ma, successivamente, il procedimento penale viene definita con sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosca che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente, addirittura, non l’abbia commesso, l’UPD può, su istanza di parte ed entro i sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riaprire il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo alla luce dell’esito del giudizio penale. Al contrario, qualora l’AG si esprima con un provvedimento di condanna e l’UPD aveva precedentemente concluso il procedimento con l’archiviazione, lo stesso ufficio è tenuto a riaprire il procedimento per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Lo stesso è riaperto se il procedimento penale determini il licenziamento mentre l’UPD aveva attributo una sanzione diversa.